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Pensionamento

Pensione: nonostante oggi sia una fase diversa dal passato, rimane un passaggio delicato dal punto di vista emotivo in cui può servire un supporto.

Nell’attuale scenario lavorativo caratterizzato da flessibilità e precarietà, l’entrata nel mondo del lavoro è sempre più ritardata e, di conseguenza, anche l’uscita.

 

L’aumento dell’età pensionabile fa in modo che, da un lato l’uscita dal mondo del lavoro sia una meta, nella maggior parte dei casi ambita, dall’altro, però, si preannunciano condizioni di lavoro continuo, un lifelong working.

Il pensionamento è quel provvedimento che autorizza o impone la cessazione dell’attività di un lavoratore e il suo inserimento nello status di “pensionato”.

 

Pensione: una fase di vita

In condizioni legislative favorevoli, il lavoratore riceve l’autorizzazione alla pensione e può decidere di continuare il rapporto di lavoro o terminarlo, andando, appunto, in pensione. Ma cosa implica la scelta di andare in pensione? Innanzitutto, “andare in pensione non vuol dire non lavorare” (Malpede & Villosio, 2009).

Il pensionamento è un cambiamento e, come tale, comporta la costruzione di nuovi equilibri. Nello specifico, la scelta di uscire dal contesto di lavoro è spesso vissuta come una vera e propria liberazione: una liberazione da eventuali costrizioni, come turni di lavoro sacrificanti.

In realtà, con il passare del tempo quel senso di libertà si trasforma in un senso di vuoto esistenziale. Questo aspetto dipende dal fatto che il contesto di lavoro è un ambito di significazione dell’esperienza umana che aiuta a definirsi e ad attribuirsi socialmente un ruolo e uno status. La rottura del contatto con questo livello di significati, soprattutto se brusca e improvvisa, può condurre ad una perdita di senso interpersonale e socialmente costruito. In più, questa scelta non coinvolge esclusivamente il lavoratore, ma tutte le persone che lo circondano, tra cui un ruolo fondamentale è svolto dalla famiglia. Anche in questo contesto, il pensionamento implica un cambiamento, una inversione di ruoli e azioni che, quindi, devono portare a nuovi equilibri e nuovi significati.

 

Pensione: una fase emotivamente delicata

Messaggio pubblicitarioLa condizione più traumatica, invece, si verifica quando la pensione non è una scelta del lavoratore ed è imposta da particolari condizioni fisiche, contrattuali o da altre situazioni. In questo caso, il lavoratore potrebbe reagire con rabbia e depressione, generando anche conflitti e disequilibri familiari. Cosa si può fare allora?

Innanzitutto è necessario essere consapevoli del fatto che le reazioni a questo cambiamento sono soggettive, quindi non esiste una modalità di intervento universale. Bisogna, quindi, iniziare ad indagare il sistema di significati che questo evento impattante ha avuto per la persona in pensione e poi rendere le aspettative sul pensionamento più realistiche e concrete, senza fermarsi a pensare a stereotipi o aspetti oggettivi del vissuto pensionistico. Diventa, così, importante la progettazione, soprattutto di attività che si desiderano fare da tempo e che prevedono l’instaurarsi di rapporti sociali (ad esempio, iscriversi a corsi, fare volontariato, viaggiare). Oltre la progettazione, diventa importante anche l’attuazione delle attività pianificate.

In questi particolari casi, l’intervento dello psicologo e dello psicoterapeuta diventano fondamentali, al fine di restituire una progettualità presente all’ex lavoratore, soprattutto se queste opportunità non sono “visibili” alla persona. La progettualità e la richiesta di aiuto diventano momenti fondamentali durante questo passaggio, poiché “la migliore pensione è il possesso di un cervello in piena attività” (Rita Levi Montalcini).

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