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Writer's pictureCentro per la Persona e la Famiglia

COSA VUOL DIRE PER UN GENITORE AVERE UN FIGLIO CON DIAGNOSI DI DISTURBIO SPECIFICO DI APPRENDIMENTO?



DSA è l’acronimo di Disturbi Specifici dell’Apprendimento e sta ad indicare una specifica categoria di disturbi che si manifestano con significative difficoltà nell’acquisire ed utilizzare abilità di ascolto, espressione orale, lettura e ragionamento matematico, pur conservando intatto il funzionamento intellettivo generale.


Molto importante è il principio di specificità in quanto i DSA si riferiscono ad uno specifico dominio di abilità. Alla base di questi disturbi ci sono disfunzioni neurobiologiche che interferiscono con il normale processo di acquisizione delle capacità di lettura, scrittura e calcolo. Si distinguono, a seconda delle abilità compromesse: dislessia, disortografia, disgrafia e discalculia.


I DSA si evidenziano fin da quando il bambino è chiamato all’acquisizione di nuove abilità quali appunto lettura, scrittura e calcolo. Segni precursori fin dalla scuola dell’infanzia possono essere difficoltà del linguaggio come per esempio la capacità di imparare filastrocche o la difficoltà di attenzione.

Molto importante sottolineare che il funzionamento intellettivo è intatto. Spesso i genitori pensano che il proprio figlio abbia un ritardo avendo una diagnosi di DSA. Colpevole in questo caso anche la società che spesso tende a giudicare ma non a comprendere le reali cause della natura di questo disturbo.

Molto importanti nel processo di crescita sono i fattori emozionali che contribuiscono ad evidenziare un disturbo. Si pensi ad un bambino con difficoltà di lettura posto di fronte la lettura ad alta voce in un contesto quale la classe dei pari o altro luogo pubblico frequentato. L’ansia prestazionale, la paura, la demotivazione e la poca autostima investiranno il bambino tanto da evidenziare maggiormente la performance. In fase di valutazione per un clinico è molto importante valutare tutti gli aspetti che concorrono ad evidenziare un disturbo.


Attualmente ci si trova spesso di fronte bambini iperstimolati, caricati di mille informazioni il cui processamento richiede tempo e comprensione e a cui il genitore, complice la freneticità, quotidiana non riesce a dar conto.

La legge 170 del 2010 tutela i bambini e ragazzi con DSA a scuola e nel contempo propone linee guida di aiuto per i genitori.

La legge 170 riconosce espressamente l’importanza del ruolo della famiglia all’art. 6 “Misure per i familiari” che recita

Fino al primo grado di studenti del primo ciclo dell’istruzione con DSA impegnati nell’assistenza alle attività scolastiche a casa, hanno diritto di usufruire di orari di lavoro flessibili.


La famiglia deve provvede, di propria iniziativa o su segnalazione del pediatra, sia esso di libera scelta o della scuola, a far valutare l’alunno o lo studente secondo le modalità previste dall’Art. 3 della Legge 170/2010 così da consegnare alla scuola la diagnosi di cui all’art. 3 della Legge 170/2010. Successivamente condivide le linee elaborate nella documentazione dei percorsi didattici individualizzati e personalizzati ed è chiamata a formalizzare con la scuola un patto educativo/formativo il PDP nel quale vengono specificate quali sono le strategie e gli strumenti che la scuola utilizza per aiutare il bambino nell’apprendimento. Si parla quindi di misure compensative e dispensative utilizzate secondi le necessità del bambino.

Questo è il primo passo da fare per tutelare il proprio figlio.


Ma i genitori? Le famiglie di bambini DSA, soprattutto nella prima fase, hanno bisogno di essere guidate alla conoscenza del problema, non solo in ordine ai possibili sviluppi dell’esperienza scolastica, ma anche informate con professionalità e costanza sulle strategie didattiche che di volta in volta la scuola progetta per un apprendimento quanto più possibile sereno e inclusivo, sulle verifiche e sui risultati attesi e ottenuti e sulle possibili ricalibrature dei percorsi posti in essere.

Scoprire che il proprio figlio ha una problematica inerente l’ambito scolastico non è facile da accettare ed è comprensibile che i genitori possano essere spaventati all’inizio. Uno degli aiuti per i genitori è il parent-training.


Il parent training rappresenta una risorsa fondamentale nel processo di riabilitazione di un bambino con difficoltà. L’importanza di questa tecnica di sostegno è data dal fatto che non si rivolge al bambino, ma ai suoi familiari.

Si tratta di un modello di intervento la cui caratteristica principale è quella di coinvolgere i genitori quali agenti di primaria importanza nello sviluppo dei figli, offrendo un aiuto specialistico a coloro che desiderano cambiare il modo di interagire con loro e promuovendo lo sviluppo di comportamenti positivi.

Questo tipo di lavoro consente ai genitori di affrontare i compiti e le difficoltà educative aumentandone le competenze ma anche favorendo, in un clima collaborativo, la condivisione delle esperienze individuali.


Nei casi di Disturbi Specifici dell’Apprendimento, il Parent Training ha come obiettivo principe quello di sostenere la genitorialità al fine di favorire la risposta emotiva e l’atteggiamento educativo ottimali per la promozione delle competenze e del benessere del bambino in difficoltà.


Il Parent Training si pone inoltre come obiettivo quello di facilitare la comprensione dei genitori in merito alle difficoltà scolastiche del figlio; solo con un’opportuna consapevolezza del problema, infatti, saranno capaci di aiutarlo a fare i compiti e migliorare l’apprendimento.




Nel momento in cui allo studente viene proposto un percorso di tutoraggio con un professionista formato nei DSA, la presenza dei genitori continua ad essere fondamentale.

Per prima cosa è bene che la famiglia sia a conoscenza degli obiettivi del percorso, delle ipotetiche tempistiche, degli sviluppi in itinere; in secondo luogo il genitore continua ad essere una risorsa affinché il lavoro a scuola e a casa in particolare, sia un continuum equilibrato e condiviso.


Ẻ un punto di inizio importante la presentazione della figura del Tutor ai genitori, non solo come persona, quanto come professionista, per chiarire quali competenze possiede e quali attività potrà proporre, per garantire limpidezza e comprensione del ruolo di questa figura che il figlio incontrerà nei vari incontri.

Il tutor ha bisogno del genitore per poter raccogliere informazioni che la sola osservazione, i test, il dialogo con lo studente non darebbero, per avere il punto di vista di chi vive ogni giorno a stretto contatto con il bambino o il ragazzo.


Il tutoraggio non è un’attività di mera esecuzione dei compiti assegnati dai docenti, ma è colui che accompagna lo studente per trovare le migliori risorse per svolgerli, per apprendere in maniera serena, partecipativa e soddisfacente. Per farlo, sarà opportuno lavorare sull’organizzazione, sull’uso del tempo e dello spazio, sulla percezione di sé come studente e sulla percezione del compito stesso, sull’uso degli strumenti, sull’autostima e dunque racchiudendo tutto ciò in un percorso completo, acquisire il proprio metodo di studio.


Ecco perché intraprendere un tragitto con un Tutor DSA e dell’apprendimento si differenzia dalla modalità esecutiva del “fare i compiti”, ma abbraccia e valorizza l’ ”essere nel compito”, ovvero la consapevolezza delle proprie risorse, delle competenze acquisite, degli strumenti e delle strategie che lo studente farà propri, per raggiungere sempre maggior autonomia… il tutto abbracciato dalla fiducia delle famiglie e il costante scambio.



A cura

Dr.ssa Ylenia Beretta (psicologa specializzata negli apprendimenti) e Ilaria Giotto (Pedagogista e Tutor DSA)

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