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DISTURBI ALIMENTARI IN ADOLESCENZA: AUMENTATI DURANTE LA PANDEMIA, SOPRATUTTO L'ANORESSIA NERVOSA

Updated: Oct 25, 2021

L’effetto della pandemia sulla salute mentale, in particolare sui disturbi alimentari, si è fatto sentire: l’esordio dell’anoressia è più precoce, sono aumentate le richieste di aiuto e si sono acuiti i disturbi alimentari preesistenti.




I disturbi del comportamento alimentare sono sempre stati considerati una patologia specificamente adolescenziale, ma l’età d’insorgenza non deve essere confusa con le origini del disturbo.


Se l’adolescenza, infatti, costituisce un periodo di riorganizzazione fondamentale della struttura di personalità durante il quale è più probabile che il disturbo si manifesti, le sue basi spesso si collocano in una fase precoce dello sviluppo psichico, quando si stabiliscono specifiche configurazioni nell’ambito delle relazioni primarie.

Si tratta, quindi, di una fase della vita in cui i precedenti equilibri, a volte precari e sotto il segno della compiacenza, si spezzano quasi improvvisamente, e lasciano all’adolescente il compito di trovare sé stesso recuperando i pezzi della propria identità e mettendoli insieme in un modo nuovo e diverso.



I disturbi alimentari negli adolescenti


Le persone che avevano già sofferto in passato di anoressia, bulimia o disturbo da Binge Eating (disturbo da alimentazione incontrollata) hanno avuto delle ricadute, per lo più legate allo stress della pandemia e alle relative conseguenze nella vita di tutti i giorni in ambito scolastico e relazionale. Anche chi non soffriva di questo genere di disturbi ha iniziato a svilupparli, soprattutto tra gli adolescenti. È infatti aumentato del 30% il numero di ragazzi che hanno sviluppato questo tipo di patologie durante l’ultimo anno.



Che cos’è l’anoressia nervosa e come si manifesta


L’anoressia nervosa è una patologia molto seria che colpisce principalmente il sesso femminile, il 90% sono donne tra i 15 e i 25 anni d’età e si manifesta con:

  • terrore di ingrassare;

  • rifiuto del cibo;

  • allenamento smodato;

  • importanti cambiamenti nell’umore.

La parola chiave è ‘controllo’. Nell’anoressia, infatti, al di là del mangiare poco, le giovani ragazze si concentrano sulla dieta esercitando una forma di controllo ossessivo del cibo che promuove una sensazione generalizzata di gestibilità di ciò che accade e si deve affrontare. Tale meccanismo ha l’obiettivo di compensare una componente emotiva e relazionale, legata alla identificazione di sé e alla separazione di propri genitori non ancora chiara, consapevole e correttamente avviata.



I campanelli d’allarme


Solitamente, l’anoressia arriva tardi all’attenzione del medico, perché i primi sintomi anoressici evolvono lentamente; tuttavia, è bene segnalare che, dall’inizio della pandemia, l’evoluzione della malattia è più rapida, accelerando nella fase iniziale.


L’attenzione dei genitori dovrebbe essere sempre alta senza sottovalutare le situazioni poco chiare. Sono proprio i genitori a rappresentare la risorsa principale nell’identificazione precoce di questo tipo di disturbo attraverso l’osservazione di alcuni specifici comportamenti. Tipicamente, chi inizia questo percorso patologico, mostra:

  • pone molta attenzione al cibo, eliminando i cibi più grassi e impoverendo sempre di più la propria dieta;

  • mentre mangia, diventa più silenzioso ed estremamente concentrato;

  • pone un’eccessiva attenzione al corpo e all’aspetto fisico che porta a guardarsi allo specchio in modo diverso”.


Come curare l’anoressia: l’importanza della multidisciplinarietà


L’anoressia è una patologia che deve essere curata grazie alla collaborazione dei familiari e ad un intervento multidisciplinare che coinvolga alcuni specialisti nell’ambito medico sanitario: neuropsichiatra infantile, dietista/nutrizionista e psicoterapeuta. Il lavoro coordinato di queste tre figure permette di impostare e promuovere un intervento che identifichi le cause di tale fatica e promuova la tutela psicofisica del/della paziente. Le aree emotiva e relazionale sono spesso all’origine di questo tipo di disturbi quindi è fondamentale indagare e promuovere le risorse in questi due ambiti.


Se il/la paziente ha una situazione fisica notevolmente compromessa è necessario procedere al ricovero in strutture ospedaliere specializzate. Il percorso di cura può essere lungo e complesso. L'anoressia nervosa infatti, ad esempio, richiede spesso un ricovero prolungato, dalle 4 alle 6 settimane, per ripristinare il peso e stabilizzare dal punto di vista medico e psichiatrico il/le paziente/i.


Per le situazioni meno compromesse e dove l’esordio della patologia risulta recente, è possibile procedere con interventi specialistici presso centri privati come il Centro per la Persona e la Famiglia, dove è presente un’equipe specializzata in questi tipi di disturbi. Questo permette ai pazienti e alla famiglia di non dover precedere necessariamente ad un ricovero e ad un’alterazione significativa delle abitudini di vita.


Dott.ssa Colzani Francesca

Psicologa sistemico relazionale familiare

Terapista EMDR

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