Non ho tempo… Vorrei un giorno da 48 ore… Non mi fermo mai… ho tantissime cose da fare e tanti pensieri...
Quante volte abbiamo detto queste frasi? Quante volte non abbiamo fatto altro che affrettarci e snervarci durante le nostre giornate?
Ecco allora che non voglio fornirvi una soluzione pronta all’uso, ma uno spazio di riflessione in cui attivarci e riattivarci come esseri umani, bisognosi di se stessi.
Mi spiego. Come possiamo praticare qualche azione che ci possa permettere di rendere differente la nostra quotidianità e la narrazione della stessa?
Partendo dal fermarci. Dalla sosta.
Diamoci modo di so-stare nelle situazioni che viviamo, viverle con consapevolezza, attivare un pensiero e una narrazione diversa delle nostre vite.
L’atto del “so-stare”, fermarsi e saper stare, è necessario perché il tempo delle nostre giornate non diventi il primo nemico, quello che incalza sulle nostre vite rendendole dannatamente pesanti.
Sostare ci permette di esserci, di riprendere la cognizione, di vivere diversamente il proprio tempo e le azioni che mettiamo in atto in questo tempo.
Inoltre, troviamo quotidianamente un momento in cui sostare, nel senso di fermarsi in un punto e in un momento; troviamo modo di essere qui e ora, in un tempo che dedichiamo a noi, in uno spazio che scegliamo per noi, che può appartenerci davvero.
L’azione dello stare e del so-stare ci permettono di differenziare il nostro tempo quotidiano e ridefinirne il valore; dunque, prendersi cura di se stessi.
È necessario scardinare l’idea che il soggetto adulto sia legato solamente ad una narrazione che lo rende performante, impegnato, in continuo movimento e che l’atto del fermarsi sia un atto ineccepibile perché legato alla non produttività e dunque alla mancanza di spazio nella società.
Rimettiamoci nello sguardo di cura e di riflessione che permette l’azione successiva. Una sosta propedeutica al movimento.
Qualcuno starà pensando che il silenzio, l’atto del fermarsi e ascoltarsi faccia paura, rimbombi e crei inquietudine; perciò, si tende a non compiere questa azione, ma farsi pervadere dal caos.
Ma “Il silenzio come pausa genera un ritmo e anche in questo senso si lega indissolubilmente a una percezione del tempo, come dinamico accadimento entro cui disporsi.” (Galliano, 2004).
Sostare in silenzio genera futuro consapevole, mutamento di consuetudini, predisposizione differente e positiva. Sostare dà senso alle cose, deve compiersi nell’agio, non nel senso di colpa.
“Concepire il silenzio come potenziale di attenzione, vivacità e apertura trasforma la qualità del rapporto col tempo e può generare una forma di educazione alle energie che nutrono di senso la vita in una ricca trama di relazioni che, solo sinteticamente, si possono così delineare: – silenzio e tempo come energie generative del non conosciuto, creatività e libertà; – silenzio e tempo come misura nella relazione: il rispetto come spazio lasciato che afferma la presenza e la dignità propria e dell’altro; – silenzio e tempo come attitudini promotrici di attenzione, ascolto, condivisione: la partecipazione non come protagonismo personalistico, ma come condivisione e pro-azione; – silenzio e tempo come espressione di una padronanza di sé che è riservatezza, compostezza, raccoglimento, riflessione, pazienza, fiducia.” (Art. Il potere trasformativo del silenzio come matrice di dialogo tra pensiero, parola e azione – R. Casadei; 2021)
Dunque, introduci questo esercizio di sosta nella tua quotidianità; inizialmente potrai trovarlo difficile ma col tempo darà qualità al tuo vivere quotidiano e al tuo tempo.
Dr.ssa Ilaria Giotto
PEDAGOGISTA
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