Centro per la Persona e la Famiglia
LA LETTURA COME STRUMENTO TERAPEUTICO
Nella Giornata Mondiale del Libro - il 23 aprile 1616 morirono infatti due scrittori considerati i pilastri della cultura universale: Miguel de Cervantes e William Shakespeare - vogliamo celebrare la lettura come strumento di evoluzione personale e di cura.

L’etimologia del termine “Leggere” è da ricondurre al latino legere, con il significato di raccogliere. Leggere significa fondamentalmente raccogliere e la radice leg- è alla base del termine lògos, che racchiude in sé svariati significati (parola, discorso, causa, ragione), per cui la lettura può essere considerata come un’azione che coinvolge la totalità della persona che “raccoglie” e “coglie” il significato profondo di quello che legge.
In realtà i motivi per leggere sono molteplici e variano tra le persone e, nella stessa persona, nei diversi momenti della vita. Spesso anzi possono coesistere, poiché uno stesso libro può appagare diversi bisogni contemporaneamente.
Si può leggere per approfondire la conoscenza di se stessi e della natura umana. I libri, scrive Kafka, sono “ le chiavi per stanze non familiari del proprio castello” . Sono in grado di “svegliare come un colpo sulla testa ”, sono “ la scure per il mare ghiacciato dentro di noi”. E Neil Gaiman afferma che “ leggiamo per vedere noi stessi, e per far riecheggiare l’oscurità.”
La lettura permette di ampliare il proprio campo di esperienze di vita. “Ho vissuto migliaia di vite e amato migliaia di amori. Ho camminato in mondi lontani e visto la fine del tempo. Perché leggo” scrive George R.R. Martin. E C.S. Lewis sostiene che i non lettori “possono essere pieni di bontà e di buon senso, ma abitano un mondo piccolo.”
I libri offrono inoltre l’impagabile opportunità di scoprire le conseguenze delle azioni senza metterle in atto in prima persona e, quindi, senza doversi fare carico della responsabilità di averle compiute e delle conseguenze che ne derivano.
Si può leggere per educare se stessi, evolvere, cambiare. “I libri sono un mezzo per cambiare il proprio destino”, afferma James Baldwin, per costruire la propria identità oltre i limiti imposti dalla cultura e dallo stato sociale di appartenenza. Poiché le persone sono il prodotto di ciò che imparano, leggere permette di essere esposti ad altre possibili versioni di se stessi, di inventarsi in modo attivo, senza assorbire passivamente i valori e i modelli del proprio ambiente.
Leggere permette di superare i limiti prestabiliti e guardare oltre. I libri, infatti, come sostiene Ursula K. Le Guin , sono in grado di “offrire una realtà alternativa immaginaria ma persuasiva ” e di liberare la mente “ dall’ abitudine pigra e timorosa di pensare che il modo in cui viviamo in questo momento sia l’unico modo in cui le persone possono vivere”.
La lettura è anche un modo per evadere, per allontanarsi dalla propria vita e trovare sollievo dalla fatica o dalla monotonia della propria quotidianità. “Leggere ci allontana dalla struttura della nostra vita, dalla routine, dalle abitudini di vivere giorno dopo giorno. Entriamo invece in un’altra zona temporale. La trama, i personaggi e l’ambientazione ci occupano la mente e, mentre leggiamo, abitiamo la realtà degli altri. Il piacere pertanto deriva dall’evadere dalle nostre piccole, limitate e ripetitive vite e dall’entrare in un altrove esotico. Leggiamo “per andarcene a dormire sognando tramonti diversi e viali, oceani e paludi” sostiene Neil Gaiman.
Si legge anche per condividere con gli altri, sentimenti, emozioni, dolori, in una sorta di universalità che ci conforta; come dice Anthony Hopkins interpretando C.S. Lewis nel film Viaggio in Inghilterra, “leggiamo per sapere che non siamo soli”. E David Foster Wallace aggiunge : “La narrativa per me, come lettore, è una strana spada a doppio taglio: da un lato può essere difficile, fonte di riscatto e moralmente educativa e tutte le belle cose che ci hanno insegnato a scuola; dall’altro lato è divertente, è un gran divertimento. [..] Credo che gran parte del divertimento, per me, derivi dall’essere parte di un qualche tipo di scambio tra coscienze, un modo in cui gli esseri umani possono parlare tra loro di cose di cui normalmente non possono parlare [..] c’è questa parte che ti fa sentire completo, così che quando leggi non è solo piacere, ma dici “Oh Dio, ma questo sono io! Ho vissuto questo, mi sono sentito così, non sono solo nel mondo…!”.
Neil Gaiman scrive “ La prosa di finzione ….ti fa essere qualcun altro e, quando ritorni al tuo mondo, sei leggermente cambiato”; entrando nel mondo di un racconto ci viene data la possibilità di esperire qualcosa di nuovo che può essere istruttivo su noi stessi e per le nostre interazioni con le altre persone. E Keith Oatley , romanziere e professore di psicologia all'università di Toronto, conferma: "C'è qualcosa di importante riguardo all'immaginazione. La letteratura mima il nostro mondo sociale. Come i simulatori di volo aiutano a diventare piloti, la letteratura migliora la capacità di avere relazioni. La narrativa è la simulazione di se stessi in relazione con gli altri. Chi legge migliora la sua comprensione degli stati d'animo altrui, ma trasforma anche se stesso". Poiché, come sostiene Sullivan, “si acquista la salute mentale nella misura in cui si diventa consapevoli delle proprie relazioni interpersonali”, è possibile affermare che in definitiva, che lo si voglia o no, leggere è terapeutico. E forse, nelle profondità dell’inconscio, tutti leggiamo per essere curati, per alleviare il nostro personale, più o meno piccolo, male di vivere.
L’uso della lettura come strumento terapeutico è alla base della “Libroterapia”; si tratta dell’uso dei libri, della lettura, per ritrovare il benessere psicologico, sia all’interno di percorsi di psicoterapia classica, sia come percorso specifico (spesso di gruppo).
L’assioma di base è quello che la letteratura può curare l’anima, rasserenare lo spirito dalle inquietudini, dare risposte agli interrogativi della vita. La libroterapia si presta quindi a far emergere riflessioni, amplificazioni, nuovi punti di vista, generativi per la persona.
Leggere, infatti, può aiutare a:
Individuare le risposte che non si trovano altrove;
Aiutare nella revisione e comprensione del nostro passato;
Dare voce a pensieri e emozioni inespressi;
Attenuare l’angoscia riconoscendo che altri si sono trovati in situazioni analoghe alla propria;
Uscire da posizioni egocentriche, imparando a mettersi anche nei panni dell’altro;
Pensare ai propri progetti futuri.
Qualunque sia il genere letterario preferito, la lettura di narrativa è un’attività capace di donare intense emozioni. Secondo lo psicologo e scrittore canadese Keith Oatley, quando ci immergiamo in un libro, noi mettiamo da parte per qualche tempo le nostre preoccupazioni e la nostra quotidianità, per farci carico di quelle dei personaggi del romanzo. In questo modo entriamo mentalmente in esperienze e situazioni che non sono le nostre abituali. Geoff Kaufman e Lisa Libby definiscono questo fenomeno experience-taking, prendere in sé l’esperienza dell’altro. Alle circostanze narrate reagiamo emotivamente, non solo risuonando in modo empatico le emozioni dei personaggi, ma anche e soprattutto con emozioni nostre, come se ci trovassimo davvero a vivere nelle situazioni descritte ed a rispondere ad esse. Inoltre gli eventi di cui leggiamo sono in grado di richiamare alla mente i nostri ricordi personali, risvegliando così anche le emozioni ad essi associate.
Questa prospettiva si connette a quella espressa dallo psicanalista Franz Alexander, “in tutte le forme di psicoterapia eziologica, il principio terapeutico di base è lo stesso: riesporre il paziente, sotto circostanze più favorevoli, a situazioni emotive che lui non poté affrontare nel passato. Il paziente, per essere aiutato, deve passare attraverso una esperienza emozionale correttiva adatta per riparare l'influenza traumatica di esperienze precedenti”. Questa esperienza correttiva può avere luogo classicamente nella relazione transferale (quella tra terapeuta e paziente) o parallelamente alla terapia, nella vita quotidiana del paziente. Ed anche, io credo, tra le pagine di un libro.
Dott.ssa Valeria Biffi
Psicologa e psicoterapeuta