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Writer's pictureCentro per la Persona e la Famiglia

PREGIUDIZI NEI RIGUARDI DELL’INTERVENTO PSICOLOGICO

Perché Molte Persone Non Riescono A Rivolgersi Ad Uno Psicologo/Psicoterapeuta?

Molto spesso la decisione di iniziare un percorso psicologico è preceduta da incertezza, diffidenza e talvolta anche vergogna; addirittura molti rinunciano prima ancora di iniziare. Perché quando abbiamo un problema fisico ci viene naturale rivolgerci ad un medico mentre quando il problema è psicologico, si attivano perplessità, paure e resistenze?


Capita infatti che le persone non chiedano un aiuto psicologico a causa dei pregiudizi e degli stereotipi che ruotano intorno alla figura dello psicologo e dello psicoterapeuta. Sebbene quella dello psicologo sia per tutti i paesi europei una professione sanitaria, questa problematica riguarda soprattutto l’Italia, paese in cui la psicologia ha fatto fatica ad affermarsi per ragioni storico-culturali che non è il caso di approfondire in questa sede. Il dato certo è che molte false credenze ostacolano un accesso sereno alle cure psicologiche; vediamo quindi quali sono i principali pregiudizi in merito.


Lo psicologo è per i matti o comunque per le persone con disturbi mentali gravi

Molte persone sono reticenti alle cure perché ritengono che rivolgersi ad uno psicoterapeuta sia qualcosa di cui vergognarsi; hanno il timore di essere additati come “matti” o come persone eccentriche, disagiate, non normali. Se poi decidono di iniziare un percorso psicologico, spesso lo fanno di nascosto, come se chiedere aiuto ad uno specialista per problemi emotivi, significhi essere “diversi” . Inoltre, valutare la possibilità di intraprendere un percorso psicologico è un passo che richiede consapevolezza: rifiutare invece di averne bisogno è paradossalmente segno che stiamo negando di avere un problema che da soli non possiamo gestire.

La psicoterapia, in realtà, si occupa di aiutare le persone che attraversano periodi caratterizzati da qualche forma di disagio o che si trovano in situazioni particolarmente difficili, ma comunque ambiti che ognuno di noi può normalmente vivere (le preoccupazioni, i lutti, i cambiamenti lavorativi, le difficoltà di coppia, le separazioni, gli eventi più o meno traumatici non collegabili né alla pazzia né a qualche tipo di disturbo psicologico, ma semplicemente al normale scorrere della vita). Non c’è nulla di male nel farsi aiutare a superare le difficoltà incontrate al fine di raggiungere il proprio stato di benessere, esattamente come avviene per i disturbi del corpo. Inoltre, non necessariamente la scelta di intraprendere un percorso su se stessi è collegata a un trauma da superare o a una condizione negativa. Ci si può rivolgere allo psicologo anche in assenza di disagi evidenti, per favorire una propria crescita personale.



Chiedere aiuto significa essere deboli

Questa credenza ha spesso una base culturale. Molte persone, infatti, sono state cresciute con l’idea che non devono mostrare segni di debolezza o di forte emotività ed è necessario essere forti nella vita. Ciò può portare alla conseguenza che le persone tendono a nascondere e controllare la propria sofferenza e le proprie difficoltà emotive, senza tuttavia riuscire a stare bene.

In realtà, chi cerca aiuto ed è quindi consapevole del disagio che prova, mostra di possedere una maggiore “intelligenza emotiva”. Voler essere autonomi è un atteggiamento positivo, ma anche chiedere aiuto se non si riesce da soli, è un approccio realistico e responsabile. In terapia non ci vanno coloro che hanno problemi: i problemi li abbiamo tutti. In terapia ci vanno quelli che vogliono risolverli e considerano importante raggiungere uno stato di benessere sia psichico che fisico.


Il carattere non si può cambiare

Molte persone pensano di essere nate (o cresciute) con un certo carattere/personalità e di non avere alternative; credono che resteranno fondamentalmente le stesse (timide, rabbiose, introverse, tristi, passive, agitate..) e che niente potrà mutare la loro natura.

In realtà, nella maggior parte dei casi, ciascuno di noi ha la responsabilità di come si comporta e soprattutto, ha il potere di regolare le proprie emozioni e reazioni. Questo processo è possibile lavorando su se stessi sia in autonomia, sia con l’aiuto di un professionista. Molte volte questo pregiudizio, nasconde la paura del cambiamento che comporta sempre un margine di rischio e di imprevedibilità; la scelta di non cambiare sembra a volte quella più sicura, anche se molto “costosa” perché si paga con la sofferenza.


Sfogarsi con un amico è uguale ad andare a parlare con uno psicologo

Godere del supporto di una buona rete sociale e amicale è un importante fattore di protezione per l’insorgere di disturbi psicologici derivanti da eventi difficili; tuttavia il lavoro del terapeuta non può essere paragonabile ad una chiacchierata fra amici.

Un percorso di psicoterapia non consiste esclusivamente nell’ascoltare i problemi, né nel dare consigli (come giustamente farebbe un amico). L’obiettivo principale è di rendere competenti gli individui ad affrontare i momenti di crisi che attraversano, facendo prendere loro consapevolezza delle proprie risorse, grazie anche all’utilizzo di indicazioni tecniche e strumenti fondati su solide basi teoriche. Uno psicoterapeuta è un professionista, esperto nel suo campo, che possiede gli strumenti per guidare la persona verso la comprensione delle proprie emozioni, comportamenti, pensieri, in modo da favorire l’attivazione di risorse necessarie al cambiamento.


Andare dallo psicologo non serve a nulla, sono solo chiacchiere

Questo pregiudizio, è spesso legato a quello precedente e nasce dal presupposto che si andrebbe dallo psicologo solo per fare una chiacchierata, assimilando quindi la conversazione con lo psicologo a quella con un amico. Inoltre, le persone pensano spesso che i loro problemi non si risolvano con le “parole”, ma con cambiamenti effettivi, concreti.

Questo pregiudizio ha delle fondamenta culturali profonde: è nato infatti da una visione dualistica, tipica della cultura occidentale, che separa nettamente il concetto di mente da quello di corpo. Tale dicotomia ha condotto a una disparità anche nell’importanza comunemente attribuita in maggior misura alla salute fisica, a discapito di quella mentale. Tuttavia, le più recenti scoperte neurobiologiche hanno permesso di stabilire con certezza che la psicoterapia agisce sul cervello, producendo un vero e proprio mutamento dei circuiti neuronali. Le tecniche di neuroimaging dimostrano che il lavoro psicoterapeutico produce le stesse modifiche chimiche che sono apportate dalla terapia psicofarmacologica (senza creare dipendenza e senza effetti collaterali). Quindi, la “terapia della parola” non solo cambia il comportamento, ma è anche in grado di rinnovare i processi di pensiero e, dunque, di mutare i circuiti neurobiologici del cervello (Gabbard, G.O., 2000). La psicoterapia, promuovendo l’apprendimento di modi alternativi di pensare e comportarsi, concorre ad alterare la forza delle sinapsi tra i neuroni (cellule nervose) portando, quindi, a dei veri e propri cambiamenti morfologici nei neuroni stessi, e qui di del cervello. Alla luce di queste conoscenze, in campo scientifico, si sta già da tempo gradualmente correggendo la dicotomia culturale di partenza, che prevede una rigida distinzione tra i disturbi neurologici, psichiatrici e psicologici, accogliendo un approccio integrato e interdisciplinare (Manna V., 2008).


La psicoterapia dura troppo tempo

Molti credono che la psicoterapia sia un percorso necessariamente lungo, che dura anni. Questa credenza deriva probabilmente dal fatto che molti film e libri presentano spesso come unica forma di psicoterapia, la “psicoanalisi”, il cui setting prevederebbe sedute da effettuare più volte a settimana per molti anni (con il paziente sdraiato sul lettino e l’analista alle sue spalle). In realtà la psicoanalisi (che comunque in tempi recenti ha modificato il suo setting iniziale) è solo uno dei possibili approcci teorici; esistono diversi tipi di psicoterapie, che intervengono in tempi più brevi e con modalità diverse (individuale, familiare, etc).

La durata di un trattamento di psicoterapia dipende da vari fattori (l’orientamento teorico del terapeuta, la “sintomatologia” del paziente, la motivazione al trattamento, etc.); intuitivamente è evidente che una situazione di grave disagio, che magari dura da molto tempo, avrà bisogno di essere trattata in maniera più impegnativa rispetto ad una di entità lieve. Un’altra variabile rilevante è ciò che accade nella vita della persona anche nel corso della terapia: questo può avere una forte influenza sulla durata della stessa, agevolandone od ostacolandone lo svolgimento. Generalmente parlando, ci sono terapie che durano pochi incontri, altre che si risolvono in alcuni mesi, altre ancora che durano qualche anno. La durata non è comunque imposta dal terapeuta; viene concordata insieme al paziente, sulla base dei miglioramenti, degli obiettivi e anche di fattori concreti (costi, motivazione, etc.).


La psicoterapia è costosa

La più comune obiezione che frena molte persone dal chiedere un appuntamento con uno psicologo è sicuramente legata al costo, che si immagina elevato.

Tuttavia, andare dallo psicologo non vuol dire per forza pagare cifre esorbitanti ed investire nella terapia potrebbe essere la cosa migliore, perché a lungo termine -non farla- può avere dei costi maggiori; infatti i disagi psicologici potrebbero compromettere alcune capacità essenziali, come quella lavorativa, o portare al deterioramento di relazioni sentimentali che potrebbero condurre a separazioni/divorzi, o, ancora, determinare disturbi somatici che andrebbero comunque curati. Inoltre, lo psicoterapeuta è un professionista sanitario che emette ricevute (esenti IVA) che possono essere detratte nella dichiarazione dei redditi.


Lo psicologo potrebbe manipolare la mia mente

Alcune persone temono di poter perdere il controllo dei propri pensieri, affidandosi a un professionista. Come se lo psicologo fosse un mago che mira ad influenzare la mente del paziente a suo piacimento.

In realtà “lo psicologo rispetta l’autonomia e le credenze dei suoi pazienti; si astiene dall’imporre il suo sistema di valori e non usa in modo inappropriato la sua influenza “ (dal Codice deontologico degli Psicologi). In ogni caso, è bene rivolgersi a professionisti iscritti all’Ordine degli Psicologi, che garantisce che i suoi membri hanno svolto l’iter formativo ed esperenziale necessario per svolgere la professione.


Spero che queste brevi riflessioni possano aiutare le persone dubbiose a superare i pregiudizi sulla professione dello psicologo/psicoterapeuta e ad intraprendere un percorso di cura, se pensano possa essere utile per la propria salute psico-fisica.


Dott.ssa Valeria Biffi Psicologa, Psicoterapeuta, Mediatrice Familiare


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