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QUANDO ARRIVANO LE VACANZE: GIOIA O TORMENTO? UN MOMENTO TEMUTO DA MOLTI




La paura di viaggiare è un disturbo molto più diffuso di quanto si possa immaginare. Si stima che il 2% delle persone viva l’arrivo delle vacanze con un senso di angoscia e non di relax e spesso rinunci a partire proprio per il timore di mettersi in viaggio ed allontanarsi da casa.

Per quanto possa sembrare strano e impopolare, l’odofobia, ovvero la paura di viaggiare, è un disturbo in grado di minare la qualità della vita del soggetto che ne soffre.


L’odofobia accompagna l’essere umano sin dalla notte dei tempi. Non tutte le persone sono contente di lasciare la propria zona di comfort. Prendere determinati mezzi di trasporto e raggiungere luoghi sconosciuti e fuori dal proprio controllo suscita agitazione, preoccupazione e paura.

In questo caso ci troviamo di fronte a un particolare tipo di fobia, classificata nel Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM-5). Una paura irrazionale e paralizzante, capace di limitare diversi aspetti sociali, personali e lavorativi dell’individuo.

Si possono rilevare diversi sintomi che riguardano la sfera cognitiva, emotiva e fisica.


Tra le cognizioni disturbanti troviamo:

-Il pensiero dell’impossibilità di farsi totalmente carico degli aspetti che riguardano il viaggio, i pensieri si accumulano e si rimane paralizzati una volta giunti in aeroporto o alla stazione. Idea di non poter avere il controllo

-Immaginare le situazioni più avverse: incidenti, perdersi una volta giunti a destinazione, essere derubati, non trovare l’albergo, etc.

-Essere ossessionati dall’idea di dover viaggiare.

-Stato confusionale e blocco mentale nel quale non ci si riconosce le risorse necessarie ad affrontare le novità.


Manifestazioni emotive:

-Paura di salire su un qualsiasi mezzo di trasporto che ci possa portare lontano da casa.

-Avere la sensazione che possa accadere qualcosa di brutto durante il viaggio.

-Provare angoscia all’idea di abbandonare le proprie sicurezze.

-Provare vergogna nel condividere il problema con gli altri pensando di essere soggetti unici nel provare tale disagio.


Sintomi fisici

-Sintomi che possono indicare una iperattivazione del sistema nervoso simpatico quali ad es. tachicardia, vertigini, disturbi intestinali, vertigini, sudorazione; oppure sintomi da ipoattivazione come l’ottundimento, senso di blocco, svuotamento.


Differenza tra paura e fobia

Si rende necessario fare una specificazione secondo la quale la paura farebbe parte delle sei emozioni universali e primarie. Queste appartengono a tutti gli esseri umani al di là della età, cultura e sono geneticamente determinate. La PAURA ha un importante valore adattativo. La sua funzione è avvertirci che c’è un pericolo, il nostro sistema nervoso è programmato per rispondere automaticamente effettuando una valutazione della circostanza ed una preparazione dell’organismo ad emettere la risposta più utile. In sostanza la paura è una grande alleata della nostra sopravvivenza.


La FOBIA è una paura sproporzionata, persistente e viene classificata come disturbo poiché impatta in maniera significativa sulla qualità di vita della persona. La fobia rientra nei disturbi d’ansia e si manifesta con una risposta marcata ad un oggetto o ad una situazione ben definita (es. volare, animali spazi aperti, sangue etc). L’esposizione all’oggetto implica una subitanea e forte reazione. La persona mette in campo tutta una serie di comportamenti di evitamento che le consentono di stare lontana dallo stimolo disturbante. Inoltre la fobia non può venire gestita da un’analisi razionale; sfugge ai tentativi di autocontrollo e l’individuo riconosce che la fobia è irragionevole.


Chi ne soffre

Facendo riferimento sempre al Manuale Diagnostico di riferimento (APA, 2014), sono maggiormente le donne a soffrire di questo disturbo rispetto agli uomini. L’età di insorgenza solitamente è attorno ai 25 anni. L’esordio con il primo attacco spesso sembra manifestarsi senza alcun pregresso o difficoltà, come un fulmine a ciel sereno, ma un attento esame psicologico può far emergere come già prima di quell’episodio vi fossero sintomi ansiosi o di malessere legati a situazioni similari a quelli scatenanti l’attacco stesso. La situazione poi si ripete generalmente perchè legata alla paura che l’attacco si possa ripetere e far scattare un processo di evitamento: il soggetto limita le proprie attività e/o evita quelle che possono in qualche modo scatenare una situazione spiacevole. Di fatto si viene ad innescare un circolo vizioso dal quale è difficile uscirne senza l’aiuto di un professionista.

I dati neuroscientifici evidenziano come in soggetti con attacchi di panico si registrino alterazioni specifiche del sistema nervoso, ad esempio del Locus Ceruleus: da quest’ultimo partono proiezioni nervose dirette al cervelletto, associabili all’insorgenza del tipico tremore da panico.

È bene sottolineare come queste difficoltà, come gli attacchi di panico, sono condizioni reversibili e possono essere affrontate e risolte con il sostegno di un esperto che aiuti a capire l’emotività legata al malessere e al contempo insegni a sfruttare strumenti cognitivi per organizzare una risposta e superare il problema.


Quali sono le cause dell’odofobia?

Conoscere la causa che si cela dietro una fobia è alquanto difficile. Studi come quelli effettuati presso l’Istituto di Neuroscienze di La Timone (Francia) indicano che, in generale, questi disturbi tendono a manifestarsi in due modi:

-Fobie di origine traumatica. Nel caso dell’odofobia, potrebbe essere il risultato di una brutta esperienza, come essere stati vittime o testimoni di un attentato terroristico in un precedente viaggio o di particolari incidenti.

-Senza uno specifico evento scatenante (fobie non specifiche). Nella maggior parte dei casi, tuttavia, entrano in gioco fattori genetici, familiari, ambientali o dello sviluppo.


Nella fobia la persona è consapevole che la sua reazione è esagerata, ma non sa cosa farci, o meglio, come afferma Nardone, si trova in una posizione di “learned helpness”, di impotenza appresa, per cui, sente che la situazione che teme è al di fuori del proprio controllo.

Il quadro sintomatologico si complica se, a questo elemento se ne aggiunge un secondo, ossia se l’individuo in questione ha creato dentro di sé un “locus of control” interno, per cui è portato ad attribuire i propri insuccessi, oltre che i successi, non a fattori esterni a se stesso, ma interni alla propria persona.

Per fare diagnosi diviene necessario indagare, non tanto la possibile causa della fobia o la sua possibile evoluzione, quanto il “sistema percettivo-reattivo” del paziente, ossia quell’insieme di percezioni e reazioni che si vanno a costituire nella relazione soggetto-oggetto. A lungo termine tale sistema potrebbe, infatti, aggravare il quadro clinico della persona, conducendo quest’ultima ad un possibile stato depressivo, ad una reazione cronica all’attesa minaccia degli eventi o al ricorso di rituali di tipo ossessivo.


Cosa si può fare?

La persona che rinuncia a partire dovrebbe quindi interrogarsi sulla vera preoccupazione rappresentata dalle vacanze: alcune sedute di psicoterapia possono essere d’aiuto per poter affrontare in maniera consapevole i propri timori, senza assecondare la natura irrazionale di un sintomo come la fobia di salire in treno o di affrontare un viaggio in aereo.

E’ importante prendersi cura della propria salute mentale per godere a pieno e con leggerezza i momenti di vacanza recuperandone il senso e investendo per migliorare la qualità della vita.


Dott.ssa Elisabetta Oltolini

Psicologa e psicoterapeuta

Terapeuta EMDR

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