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  • Writer's pictureCentro per la Persona e la Famiglia

I BAMBINI E L’ESPERIENZA DEL LUTTO: COME AIUTARLI AD AFFRONTARLO



La morte di una persona amata rappresenta l’esperienza emotiva più dolorosa vissuta dagli esseri umani. Nel caso poi sia un bambino a perdere il genitore, per lui principale fonte di sicurezza e benessere, questo evento può assumere dimensioni gravemente destabilizzanti sul piano emotivo. Vedremo di seguito alcuni aspetti che possono costituire elementi protettivi e favorenti l’accettazione di una situazione così faticosa.


Quando una persona cara è affetta da una malattia che non può guarire, per tutti i membri della sua famiglia si prospetta un periodo doloroso e complicato, durante il quale i piccoli sono spesso tenuti all’oscuro di ciò che sta accadendo. In realtà anche i bambini devono essere coinvolti in questo processo di cambiamento che un lutto inevitabilmente prevede ed è necessario essere pronti a rispondere a tutte le domande che possono porre sulla morte. Ma quali sono le modalità migliori per spiegare e accompagnare un lutto ai bambini?


Spesso gli adulti dimenticano la necessità del bambino di venir aiutato e supportato nel percorso lungo e difficile dell’elaborazione del lutto, percorso da affrontare al di là delle cause che hanno portato alla perdita del congiunto, sia questa malattia sia morte improvvisa.

Quando qualcuno muore in famiglia gli adulti trovano ovvio parlare dell’accaduto, esprimere dolore, rimpianto, nostalgia, disperazione; confrontare le proprie emozioni dolorose e i propri ricordi belli, tristi o nostalgici con quelli degli altri. I grandi, generalmente, cercare insieme di capire la successione degli eventi che hanno portato alla morte; pensare con rammarico o rabbia a come si sarebbe potuto evitare l’infausto evento; individuare se vi siano colpe, soprattutto proprie; consolarsi gli uni con gli altri, piangendo insieme e bonificando il senso di colpa per essere ancora vivi.

I riti compiuti dai grandi come andare a vedere per l’ultima volta il corpo del defunto; partecipare al rito funebre, accompagnare il defunto alla tomba aiutano a promuovere il processo del lutto aiutandosi attivamente gli uni con gli altri. Queste azioni sono sentite da tutti come normali, necessarie e persino doverose.


I bambini vanno aiutati a capire

Se in famiglia c’è un bambino, troppo spesso gli adulti, tutti presi dal loro dolore, dimenticano l’assoluta necessità anche per il bambino di elaborare il proprio lutto e di essere supportato in questo percorso lungo e delicato. Spesso gli adulti, per proteggerlo da dolore e angoscia, cercano attivamente di tenerlo all’oscuro, a volte perfino d’ingannarlo su ciò che realmente è accaduto («Papà è andato all’estero a lavorare…»).


Il bambino invece ha bisogno di verità ed autenticità, perché è in grado di capire tutto ciò che gli accade intorno addirittura prima dell’adulto. Questo perché “sente” ciò che accade all’interno della famiglia e inevitabilmente percepisce un clima di tristezza e dolore che lo circonda. Evitare di spiegare ciò che sta accadendo è controproducente, perché lo induce a darsi delle risposte da solo, il più delle volte sbagliate e molto spesso autocentrate, tanto da arrivare ad attribuirsi la colpa della morte del nonno, del fratellino, del genitore.

Mistificare la realtà è un atteggiamento deleterio e di nessun aiuto per il bambino. Se gli vengono nascosti i dati informativi sugli eventi reali che riguardano anche lui, non potrà farsene un’idea adeguata. Se non gli si dice la verità, percepirà più o meno confusamente d’essere stato imbrogliato e imparerà a non fidarsi dei grandi e a non mostrare il proprio vero sentire; segretamente, costruirà teorie bizzarre sulla vita e la morte, altamente patogene.


I bambini e la consapevolezza della morte

Il modo in cui un bambino elabora l’esperienza del lutto dipende poi da diversi fattori, alcuni soggettivi, come la sua personalità o il legame affettivo che lo lega alla persona morta o che sta per morire, altri oggettivi e che riguardano la fascia di età a cui appartiene.

Fino ai 3 anni i bambini non comprendono il concetto di morte, ma vivono comunque uno stato di confusione dettato dall’agitazione e dalla tristezza che percepiscono attorno a loro. In questi casi l’unica cosa da fare è dimostrare maggiore affetto con coccole, abbracci e continue rassicurazioni.

Dai 3 ai 6 anni i bambini vivono la morte come evento temporaneo e pensano che la persona morta prima o poi tornerà. In questa fase però sono in grado di provare dolore e sofferenza per la perdita e, soprattutto intorno ai 5/6 anni, rivolgono molte domande sul tema della morte, a cui è opportuno dare sempre risposte coerenti e realistiche.

Da 6 a 8 anni la morte diventa un’esperienza più reale e definitiva, i bambini dimostrano interesse verso i rituali come il funerale e la sepoltura, ma non sono in grado di incanalare correttamente le loro emozioni, che possono sfociare in comportamenti aggressivi, frustrazione e rabbia.

Da 8 a 11 anni la morte è interpretata come interruzione delle funzioni vitali, ma ancora i bambini non sanno interpretare ciò che sentono e lo manifestano attraverso atteggiamenti regressivi e aggressivi verso amici e familiari.

Dopo gli 11 anni, l’elaborazione del lutto è più matura e consapevole, restano tuttavia i problemi legati alla gestione delle emozioni, che d’altronde riguardano anche le persone adulte, e la difficoltà di comunicare i propri stato d’animo in maniera serena e partecipativa.


E’ importante educare al tema della morte

I bambini conoscono già il tema della morte, perché ne sentono parlare nei film, nelle canzoni, nelle conversazioni tra i genitori, non di rado hanno già avuto esperienze dirette, ad esempio, a seguito della scomparsa di un animale da compagnia. Il problema non è quindi introdurre l’argomento, quanto farlo in maniera schietta e sincera, magari partendo da un lutto che è già avvenuto per ricollegarsi a quel momento e spiegare l’evento con le stesse modalità. Meglio evitare spiegazioni troppo semplicistiche, che possono creare confusione e paure immotivate.


Ascoltare, più che parlare

I bambini hanno bisogno di sapere che possono esprimersi liberamente con i grandi sopravvissuti, i quali sono disposti ad ascoltarli e a

rispondere a tutte le loro domande, senza mai giudicare e reprimere le loro emozioni. In caso di lutto in famiglia, più che parlare bisogna ascoltare e accompagnare.

Esprimere i propri sentimenti

Affrontare la morte è difficile anche per i genitori, che a loro volta possono essere legati da relazioni affettive molto forti con la persona che non c’è più. La cosa migliore è far trapelare il proprio dolore anche davanti ai figli, perché questo li autorizza a fare lo stesso: piangere non è segno di fragilità, quanto il sintomo di qualcosa che rende tristi e che può legittimare anche i bambini a fare lo stesso.

Comprendere le reazioni del bambino

I bambini possono esprimere il loro disagio legato alla sofferenza in molti modi differenti: rabbia, aggressività, problemi di alimentazione e di sonno, regressione sono solo alcuni dei sintomi che qualcosa non va. La cosa migliore da fare è non colpevolizzare certi comportamenti, ma cercare di comprenderli e contestualizzarli nella situazione che il bambino sta vivendo, anche con il supporto delle insegnanti e della comunità sociale nel quale è inserito.

Talvolta si potrà scoprire che pensa d’esser lui il colpevole: bisogna allora rassicurarlo, parlandogli dell’inevitabilità della morte. Rassicurarlo che non verrà abbandonato, che si farà di tutto per non morire anche noi, perché la vita è bella, anche se ora il dolore è grande. I momenti in cui ci si trova in famiglia a elaborare un lutto comune sono preziosi per tutti i partecipanti, proprio per la loro forza integrativa nella mente di ognuno. Rimangono nella memoria come momenti tristi, ma, paradossalmente, anche felici.

Prevedere un sostegno psicologico

Spiegare un lutto ai bambini non è semplice, soprattutto se i genitori per primi hanno difficoltà a elaborare l’evento e sono particolarmente provati dall’accaduto tanto da risultare disorientati e “spaventanti” agli occhi dei piccoli. In questi casi risulta utile rivolgersi ad uno specialista che possa incontrare il bambino e aiutarlo a fronteggiare la delicata situazione che sta vivendo.

Dott.ssa Elisabetta Oltolini

Psicologa e Psicoterapeuta

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